Non è importante essere cresciuti a Rebibbia, aver frequentato la realtà del Centro Sociale o esprimersi in romanesco. Zerocalcare parla a una generazione e alle generazioni del nord, del sud e del centro. La sintesi è questa:”Strappare lungo i bordi” è appunto un inno generazionale. Ecco perché la nuova serie firmata dal fumettista Michele Rech disponibile su Netflix merita di essere assolutamente vista.

Dai fumetti alla Serie Tv

L’armadillo-coscienza che accompagna da sempre Zerocalcare ha fatto la sua comparsa nell’albo a fumetti” La profezia dell’Armadillo” che ha pubblicato nel 2011. In quello stesso anno ha aperto il suo seguitissimo blog che ospitava le sue strisce autoprodotte. La sua fama è cresciuta negli anni successivi anche grazie al suo reportage a fumetti “Kobane Calling” che ha raccontato l’eroica resistenza dei curdi contro l’Isis.

Negli ultimi anni Zerocalcare è diventato un vero e proprio fenomeno mediatico. La nicchia dei 25-35enni che costituiva il suo pubblico si è allargata decisamente e il fumettista romano è diventato intergenerazionale. Molto hanno contribuito le ospitate in tv nel programma Propaganda, ma sarebbe ingeneroso ridurre il fenomeno Zerocalcare al solo piccolo schermo. Alla base di tutto c’è la sua bravura e l’originalità delle sue strisce che parlano a tutto l’universo post-ideologico.

Kobane Calling di Zerocalcare

Le polemiche su Strappare Lungo I Bordi

Strappare Lungo i Bordi è una serie autobiografica che dalle pagine approdano alla tv in streaming. Zerocalcare parla di sè, eppure chi ha visto i primi episodi della serie ha esclamato:” Ehi, ma parla di me, ehi quello sono io!” In termini assoluti l’opera del fumettista romano è stata acclamata dalla critica. Ciak Club l’ha definita come il miglior contenuto italiano di Netfix. Eppure, tra il coro di consensi, si è levata qualche voce di dissenso.

La prima riguarda lo slang: non tutti capiscono il romanesco. Tuttavia si tratta di una esagerazione. Più il dialetto è puro e più è vicino alla realtà. Per esempio il napoletano troppo italianizzato di Gomorra ha tolto una certa aderenza al contesto e lo ha colorato di una sfumatura macchiettistica. L’altra critica riguarda invece la perfomance da doppiatore di Michele Rech: tono basso, parole mangiate. Beh, a ciascuno il suo, si dirà: chi è abile a comunicare con la matita può trovare complessa la comunicazione verbale. Eppure, la voce di Michele Rech trasforma il racconto per immagini in un aneddoto, uno di quelli che ascolti da un tuo amico davanti a una birra. La tecnica perfetta spesso è fredda, l’imperfezione è più calda e intima.

Frame di Strappare Lungo i Bordi

L’esistenzialismo di Strappare lungo i bordi

Sia chiaro: Zerocalcare non è Heidegger o Sartre. Ma bollare la sua opera come filosofia spicciola è riduttivo. Anche perché significa banalizzare l’esistenza che è sempre problematica ed è il modo d’essere degli esseri umani. Si può vivere in un loft in centro a Milano, oppure nel quartiere di Rebibbia, si può avere il conto ricco in banca, o a malapena arrivare a fine mese, eppure nessuno di noi può sfuggire alle domande sul senso della vita, sul futuro e sul passato che si intrecciano fino a non distinguersi più. Insomma, in una sola parola: Strappare lungo i bordi è esistenzialismo.

La nostra vita su assunti traballanti, ma alla fine co’ste forme frastagliate ci si campa lo stesso

Zerocalcare

Condividi.

Lascia un Commento

Exit mobile version